la sua scelta espressiva oppone sì linguaggio a linguaggio, come in arte è inevitabile e prioritario, ma in nome di un forte coinvolgimento con la realtà, che è anzitutto la realtà degli uomini, della loro umile fatica esposta giorno per giorno alla contraddizione e allo scacco.
Mentre il maestro ormai consacrato professa una scultura che “canta in sordina”, invincibilmente restio a legittimare “certe esuberanze espressionistiche”, Incorpora, pur ribadendo stima verso l’interlocutore (“le sue sculture mi commuovono e non mi stanco di ammirarle”), rivendica il suo diritto a una “abiura del bello ideale” e al canto “a voce alta”, “a squarciagola”.