se ne coglie drammaticamente il peso negli occhi dello Zuavo (1888) di Vincent Van Gogh, nella piega delle labbra la cui ruvida morbidezza viene sottolineata dai baffetti appena accennati.
Van Gogh ci comunica allora quasi una sorta di rabbia che il suo genio trasfigura nell’infinita miriade di microscopici puntini, nelle morbide sinuosità del costume arabescato, nelle ombre intrise di luce, nella sobria e geometrica essenzialità dello sfondo.