Film terminale, testamentario, di Luchino Visconti, da lui girato su una sedia a rotelle dopo l’ictus che l’aveva colpito.
È il 1976 e Visconti si confronta in extremis con un fantasma che lo aveva sempre intrigato, ma che non aveva mai osato o non era mai riuscito a trasporre in cinema, Gabriele d’Annunzio.
Ma è pur sempre Visconti, alle prese con una storia morbosamente mélo e feuilleton di una gran dama che partorisce il figlio della colpa, bambino che il marito farà impassibilmente morire esponendolo al gelo.