In ogni caso il Tommaso Buscetta di Bellocchio e Favino non diventa mai un eroe, e infatti per evitare qualunque esaltazione del personaggio, il regista confezione anche un finale inequivocabile.
Lo dimostra il fatto che per tutta la vita, anche dopo essere diventato il testimone principale del maxiprocesso istruito da Giovanni Falcone, Buscetta continuerà ad affermare di non essere un traditore – la parola, ambigua, attorno a cui ruota tutto il film –, ma anzi, di essere rimasto fedele all’autentico senso dell’onore della mafia, soggiacendo quindi alla solita retorica della mafia “buona” d’una volta, che è esistita sempre e soltanto nei racconti autopromozionali, un’altra maschera, veicolati dagli stessi mafiosi.