Sta di fatto che, senza alcun segno di preavviso, l’intera scala viene giù, le due rampe e il pianerottolo, con tutte le ragazze che ci stanno sopra.
Nello stesso anno, Augusto Genina, un regista già attivo ai tempi del muto, uno dei nomi di punta della cinematografia fascista grazie a pellicole come “Squadrone bianco” o “L’assedio dell’Alcazar” (che, al di là dei contenuti propagandistici, rappresentano ancora oggi momenti di grande cinema), e che aveva successivamente dato una singolare prova neorealistica con un biopic di Santa Maria Goretti intitolato “Il cielo sulla palude”, fa uscire un film drammatico composto da tre storie apparentemente distanti tra loro, ma che si intersecano quando le tre protagoniste si ritrovano sulla scala che crolla: