Non sarà un caso allora che le maschere nel teatro tunisino – in un’accezione tutta araba della commedia dell’arte dove c’è Bantalune e lo zanni veste di polverosi stracci − abbiano così tanto spazio, e che proprio l’irrequietezza dell’instabilità economica e sociale − ma anche psicologica ed emotiva − portata spesso sul palcoscenico, sia una sorta di motore drammatico nel processo di sorveglianza e denuncia che il teatro ha da sempre svolto in questo piccolo laboratorio politico, colorato di bianco e di azzurro, sempre in balia di imprevedibili cambi di scena