Nel complesso, è apprezzabile il tentativo di contemporaneizzare il charity show privilegiando la componente show (le storie delle persone colpite da malattie genetiche si contavano sulle dita di una mano) ma se questo deve tradursi nell'affidare i momenti musicali a Paolo Belli, che con tutto il rispetto non ha la versatilità di Fiorello nello spaziare da un genere all'altro, si rischia l'effetto di uno speciale natalizio Netflix venuto male.