In queste condizioni la prima rimodulazione antropologica riguarda il fatto che “ non c’erano più destini individuali, ma una storia comune costituita dalla peste e sentimenti condivisi da tutti ”.
Restava in Camus la consapevolezza che la peste, come forse il nostro virus, “non muore né scompare mai, che può restare per decenni addormentato nei mobili e nella biancheria, che aspetta pazientemente nelle camere da letto, nelle cantine, nelle valigie, nei fazzoletti e nelle carte, e che forse sarebbe venuto il giorno in cui, per disgrazia e monito agli uomini, la peste avrebbe svegliato i suoi topi e li avrebbe mandati a morire in una città felice”.