Al netto delle cattive pratiche di credito seguite (comuni al resto d’Europa) e delle fattispecie prettamente penali, come nei casi di MPS e delle due venete poste in liquidazione, le banche italiane subivano l’esplosione dei crediti deteriorati per gli effetti devastanti della crisi su famiglie e imprese.
Per questo, in concomitanza con la maxi-cessione, Carige emetteva un bond subordinato da 320 milioni al tasso fisso del 13%, sottoscritto interamente dallo Schema Volontario di Intervento, cioè le banche aderenti al Fondo interbancario di tutela dei depositi, le stesse verso cui i commissari ieri hanno spuntato condizioni migliorative proprio sul fronte dei tassi.