Perché se anche la bisessualità era costume quantomeno accettato a Roma (Giulio Cesare – generale invincibile – era, secondo Cicerone, “il marito di tutte le mogli e la moglie di tutti i mariti”) nella sua forma di amore greco, praticato “per rafforzare la resistenza, per suscitare il disprezzo della morte, per vincere il dolce desiderio della vita, per umanizzare la crudeltà” (Valerio Massimo, De amicitia vinculo), quell’imperatore dall’aspetto femmineo era ancora più trasgressivo di predecessori come Nerone, Tiberio, Commodo, non certo noti per la loro morigeratezza (d’altronde, anche il venerato imperatore Adriano aveva addirittura divinizzato, dopo la sua morte prematura, l’amato Antinoo).