E’ un esteta, Ralph Fiennes, un amante della bellezza fatta arte, dei romanzi e delle poesie, della Russia con la sua letteratura dei racconti dei bassifondi e della sua malinconia come condizione dell'anima, e del balletto, di Rudolf Nureyev in particolare, tenuto d'occhio da oltre 20 anni e avvicinato grazie al monumentale libro biografico di Julie Kavanagh.
E "il tartaro danzante" Nureyev - The White Crow lo racconta effettivamente in maniera, se non inedita, comunque particolare, seppure non distaccandosi troppo dal classico biopic, ma questa ossessione di Fiennes per l'io più segreto della sua creatura, per il dietro le quinte, l'off-stage, se da un lato è uno dei pregi della sua terza regia, dall'altro ne "limita" in qualche modo la potenza, almeno nella prima parte.