Perché solo un mese prima, parlando al Congresso del Partito comunista cinese, il governatore della Banca centrale (Pboc), Zhou Xiaochuan, evocò proprio il rischio di un Minsky moment, paragonando la traiettoria dell’economia cinese al trend di una replica della crisi subprime statunitense di un decennio prima.
Rimangiarsi i proclami – finalizzati anche a un appeasement finale verso il Fmi per il riconoscimento formale dello status di economia di mercato, dopo l’upgrade da Paese emergente a globale – di fine dell’indebitamento strutturale (atto estremamente sgradevole anche per un politico occidentale, figuriamoci per un capo di Stato cinese) – oppure lasciare che proprio il “mercato” facesse il suo corso, quasi Schumpeter incontrasse idealmente Mao-Tse Tung?