Dal retropalco risuonano colpi di martello, da richiamo infernale, anticipando l’entrata di Lino Musella, su questo palco per il debutto di Tavola tavola, chiodo chiodo… Eduardo non c’è ancora, e l’attore si siede alla scrivania del drammaturgo (un gesto di commovente riguardo da parte della scenografa Paola Castrignanò).
È una straziante dichiarazione quell’ultima lettera per un Teatro maltrattato, vilipeso, ignorato, precario, costruito faticosamente (“Tavola tavola, chiodo chiodo”, come recita la lapide eretta in memoria dello storico macchinista del San Ferdinando, Peppino Mercurio) e amato con tenacia e dolore.