Durante la visita a questa mostra ho compreso che l’essenziale è questa fame di infinito, questa esperienza di senso per cui nel finito si può incontrare l’infinito:
la concretezza della realtà che dà la materia, il proiettarsi verso l’infinito, il valore dell’attesa”.
Mi ha immediatamente colpito l’accostamento tra la parola fame che indica il bisogno di qualcosa di concreto, di fisico, di sostanzioso, come il cibo, con la parola infinito, che istintivamente associo a qualcosa di non confinabile, spirituale, incorporeo.