Senza perdere tempo e ritmo, come anche un minimo di coraggio nel confronto con l’operato precedente, Spielberg concretizza il suo West Side Story in un’opera kolossal dalle immense scenografie (create da Adam Stockhausen e Rena DeAngelo) e una luminosa fotografia (del fido Janusz Kaminski) che ricrea alla perfezione la magia della Hollywood degli anni Cinquanta e Sessanta, aggiornando il materiale d’origine con parentesi inclusive ormai all’ordine del giorno (citiamo un personaggio “ibrido” interpretato da Iris Menas e attori realmente sudamericani nella gang degli Sharks), non presenti nella pellicola del 1961.